Tonino & Co.

Tonino & Co.

1. Proemio

Questo verso sembra fatto
per narrare una storiella
a chi ascolta soddisfatto
e si spenge le cervella

Che la rima sia baciata
e geniale oppur stentata
conta sol che col rimario
venga un buon verso ottonario.
E se talor la rima è zoppa
E non torna più il conteggio
Sappiam ben che c'è di peggio
e mettiamoci una toppa.

Ma sia chiaro caro amico
che ti osservi l'ombelico
che noi qui facciam sul serio ...
Ma ci manca rima in -erio.

Tronchiam qui sta figuraccia.
senza ahimè salvar la faccia.

2. Tonino

Narriam dunque le avventure
di un Tonino qualsivoglia
le cui tante prove dure
affrontò di buonavoglia.

Così un giorno prese il treno
e per non essere da meno
scelse pur la terza classe
ignorando dove andasse.

E viaggiò tre giorni sani
fino a luoghi assai lontani
dove c'erano elefanti
e fanciulle conturbanti

che ospitarono Tonino
e gli fecero un provino
lui si fece molto onore
con fanciulle e con signore.

In quel tempo assai lontano
passò lui di mano in mano
che ricorda ancora adesso
poichè accà nnisciun' è fesso.


 
Dop'un anno di Bengodi
al pettin vennero i nodi,
gli montò la nostalgia              
per la terra sua natia.

Così un giorno prese il treno
e per non essere da meno
scelse pur la terza classe
ignorando dove andasse.

E viaggiò due anni interi
fece ventitrè mestieri
ma tornato che fu a casa
la trovò oibò al suolo rasa.

Fu così che il buon Tonino
riprendesse il suo cammino
scelse pur la terza classe
ignorando dove andasse.

E oggi ancor se fai attenzione
puoi incontrarlo in un vagone
ma non più di terza classe -
che tutti noi forse beffasse?
 

3. Cecco

C'è la storia poi di Cecco
che giammai restava a secco
di Bonarda e di Barolo,
di Gutturnio e di Nebbiolo,
di Amarone e di Dolcetto,
di Moscato e di Brachetto,
di Raboso e di Cortese,
di Rosazzo e di Rossese,
e ancor poi di Sangiovese,
di Terralba e di Cirò,
ed il grigio buon Pinot

4. Pasquale

E poi ancora c'è Pasquale
che vuol far l'intellettuale
e la sua ambizione eterna
è capir l'arte moderna.

E per questo il buon Pasquale
va a vedere la Biennale
da trent'anni ahimè l’illuso
perché trova sempre chiuso.

Ma un bel dì capì Pasquale
il suo errore madornale:
dovea andar negli anni pari 
anziché in quelli dispàri.

E fu così che il buon Pasquale
visitò la sua Biennale
appagando la sua eterna
sete per l'arte moderna.

E arrivò, non è un'inezia,
nella bellissima Venezia.

Ma a Pasquale, manco a dirlo,
nulla parve inver stupirlo
essendo la sua voglia eterna
capir ben l'arte moderna.

così giunse il buon Pasquale
all'ingresso all' "Arsenale"
con fiumane d'altre genti
avanzando a passi lenti.

Entrò in una sala oscura 
che metteva un po' paura
che pareva una caverna,
che si fa per l'arte moderna!

C'è un deserto giallo-verde
in cui lontan l'occhio si perde
e una valle che è allagata
da una diga sforacchiata

e montagne che hanno gli occhi
da cui l'acqua par che sbocchi
e un elefante assai incacchiato
ed un tigre un po' sfavato

che si guardan in cagnesco
sembran dir "or di qua esco".
E di fronte c'è un pupazzo
che se la ride come un pazzo
occhieggiando una fanciulla 
che non veste proprio nulla
ma in compenso, pensa tu,
l'hanno messa a testa in giù.

Poi c'è forse anche un pinguino
con il beccolor turchino
e un amico gli sta accanto
con il becco suo amaranto.

Ed un quadro mostra un buco
da cui sembra sgorgar muco
e che appare assai schifoso
anche a chi 'un è schifiltoso.

E Pasquale ben contento
studia tutto sempre attento
chè lui sa che la caverna
insegna a lui l'arte moderna.
 
E nel prossimo salone
c'è a sorpresa un bel caprone
che alle zampe avea calzati
scarponcelli foderati,

e dal soffitto pendon giù
strane forme gialle e blu
sembran chele fresche fresche,
o stalattiti gigantesche,

e una mandria di giraffe
che fan perdere le staffe
a un signore con un fallo
che appar quello di un cavallo

se non fosse tutto d'oro:
sembra invero un gran tesoro.
In una stanza a luce verde
nella quale ognun si perde

su di un ramo siede un gufo
che appar esser molto stufo
di lanciare dal suo nido
il suo noto solito grido

che nel verde a lungo echeggia -
sarà mica una correggia?

Ma Pasqual sempre più esausto
in un giorno così fausto
brilla ormai di luce interna
"Capito ho l'arte moderna!"

E così torna al paesello
e ricorda a tutti il bello
di quel viaggio di laggiù
dove non tornò mai più.

5. Riccardo

Poi c'è il solito Riccardo
che ha la fissa del biliardo
Quando gioca sempre perde
e per questo è ognora al verde.

Mai si è visto sul lavoro
a cui guarda con disdoro.
e pertanto vive a scrocco
ma è tutt’altro che uno sciocco.

Se non gioca alle boccette
va a rubar le biciclette
ma il mestiere suo lo sa
e a rubarle va in città.
Ma una volta ebbe sfortuna
scelta fece inopportuna:
la bici prese con baldanza
del fratello con la ganza.

Avea il fratello una morosa
che teneva in città ascosa
e venne fuori un gran bordello
tra la cognata ed il fratello.

6. Diana

Poi ancora c'è anche Diana
che di mestier fa la ...  mandriana
porta in giro cani e porci,
gatti, capre e pure sorci.

7. Camilla

C'era infine poi Camilla
che guidava la Balilla,
che correva come il vento
raggiungendo quasi i cento.

Conoscea tutte le strade,
le città e le contrade,
era spesso in contromano
non andando certo piano

(a quel tempo non risulta
che qualcun desse la multa).

E fu così che la Camilla
che d'ingegno ahilei non brilla
- sperando ciò che non riaccada -
all'improvviso uscì di strada.

Si era fatta forse male
e fu portata in ospedale
di gran corsa in ambulanza
e lasciata in una stanza.

Per tre ore, questa è bella,
aspettò su una barella
che qualcuno la vedesse
ma ebbe sol delle promesse.

Poi entrò a corsa il gran primario
che guardava il calendario
fece solo due domande
consigliò delle bevande

e uscì tosto come un razzo
col suo solito codazzo.
Allor tutto insiem si mosse:
misurata fu la tosse,

applicate delle piastre,
fatte ventisette lastre,
contati tutti i denti
che risultarono essere venti.
Ma il conteggio non tornava
quando li si ricontava.
"Questo fatto è invero strano"
disse il medico più anziano,

"Questa è certo un'aderenza
occor decidere d'urgenza.
Senza più tergiversare
procediamo ad amputare

lesti, lesti il piede destro".
"Ciò sarebbe un gran malestro"
disse il medico in seconda,
"dobbiamo usar la termosonda".

Commentò un altro dottore:
"Voi mi fate invero orrore,
questa è solo - lui arguiva -
sindrome mepisalgiva:

serve psicoterapia
per curar l'episalgia!"
 
Poi venn'anche un infermiere
che consigliò invece di bere
Coca Cola riscaldata
con in più noce moscata.

E così andaron avanti
a discuter tutti quanti:

c'è chi parla e c'è chi strilla,
c'è chi calma e chi sobilla
chi ragiona da gorilla,
chi propone camomilla
e chi, ohibò, Pasta Barilla. 

E che fa intanto la Camilla?

Viene come una scintilla
alla mitica Camilla
oltre più non si gingilla
e tranquilla e bella arzilla
se ne va con la Balilla. 

8. Carlo Alberto

Poi c'è anche il Carlo Alberto
che di tutto pare esperto,
a qualsiasi question posta
ha lui pronta la risposta.

Perché c'è il sole e perché piove,
e le galline fan le ove,
perché si mangia la minestra
e il governo è a centrodestra

e dopo il nove viene il dieci
perché i romani non son greci
perché qualcun prende il caffè
e qualcun altro invece il the?

E di tutto il Carlo Alberto
è davvero un grande esperto
ma in ispecie dà consigli
come non avere figli.
Senza entrar qui nel dettaglio
consigliava sempre l'aglio
e posizioni assai strane
e mangiare le banane,

di farlo al freddo oppure al caldo,
di tenerlo sempre saldo,
bere prima una cedrata,
fare dopo una cacata...

Ma purtroppo al Carlo Alberto,
pur essendo un grande esperto,
andò peggio dei conigli:
fece trentasette figli. 

9. Salvatore (Elia e Simone)

Poi c'era anche Salvatore
che facea l'informatore
e forniva sempre allarmi
al comando dei gendarmi.

Dei gendarmi il comandante
coi baffoni e fare aitante
informava il suo prefetto
ch'era meno di un nanetto.

Del prefetto venìa detto
che di tutti avea sospetto,
vedea ovunque un eversore
e ambiva esser senatore.

E all'orecchio del prefetto
che di ognun tenea sospetto
giungean nuove un po' allarmanti
da trattare con i guanti

dal fatidico paesello,
(sì davvero proprio quello)
giungean voci un poco  strane
che puzzavano di grane.

Così pareva che la gente
non facesse proprio niente
che nessuno lavorasse
né pagasse poi le tasse.

Quel solerte del prefetto
di ognuno avea sospetto
il comandante convocò
che rispose solo "oibò".

(dei gendarmi il comandante
con baffoni e fare aitante
già da tempo avea ammesso
che di pensar aveva smesso,

e di fronte ad ogni rogna
che risolvere bisogna
sapea dire guarda un po'
solamente e sempre oibò.)

Ma il prefetto molto scaltro
non demorde e trova un altro
che facea di nome Elia
e di mestiere era una spia.

Ma partendo il buon Elia
sbagliò treno e andò in Turchia
e si trovò bene laggiù
non tornando indietro più.

Ma il prefetto non si arrende
e alla svelta un altro prende
che di nome fa Simone
e di mestiere lo spione.

(Salvatore, Elia e Simone
ci siam bruciati un altro nome
che aveva buona rima
dovevam pensarci prima!)

e così partì Simone
(forse anch’egli un po' coglione)
non in treno ma in corriera
e arrivò che era già sera.

per non farsi individuare
avea deciso di indossare
occhiali scuri e un gran mantello,
sulla testa anche un cappello

In giro andò così conciato
che pareva uno sgattato,
che portando occhiali scuri
andava a sbatter contro i muri.
Ma alla gente del paesello
non parea a posto di cervello,
che costui fosse un brigante?
fu chiamato il comandante.

Che la fronte sua aggrottò
di pensare si sforzò
ma alla fine bofonchiò
solamente e sempre oibò.

Fu un momento un poco duro
chè, mantello e occhiale scuro,
il Simone fu cacciato
a pedate, disgraziato.

Quando seppe di Simone
quasi venne un coccolone
al prefetto pover’omo
dell’altezza d’uno gnomo.

e decise di andar lui
prima ancor che il giorno abbui
si camuffò da pastorello
e partì per il paesello

prese l’auto di ordinanza
con l’autista con la panza.

Nella piazza del paese
cautamente e adagio scese
e il paese al gran completo
lo osservava cheto cheto

dubitando che il prefetto
avesse perso l’intelletto.

Fece il primo cittadino
al prefetto piccolino
un discorso di saluto
e di caldo benvenuto

e gli chiese assai cordiale
se non fosse carnevale.

Il prefetto-pastorello
quasi uscito di cervello
diventato lo zimbello
dell’intero capannello
alle forze fece appello
e fuggì dal paesello,

e giurò solennemente
di ignorare quella gente,

e le note di Salvatore
che facea l’informatore
non tener di conto alcuno
e di parlarne con nessuno.

Le soffiate che ascoltava
e al comandante riportava
il prefetto le ignorava
e all’istante cestinava.

*  *  *

Sia svelato in appendice
che lui visse infin felice
e divenne senatore
nonostante Salvatore.

Chè tu sappia buon lettore:

che ogni notizia che arrivava
Salvator se l’inventava
perché egli era, ora ricordo,
totalmente e sempre sordo

Il comandante commentò
con un pensoso e grave oibò.